LOREDANA LONGO
2018, Victory, scultura in cemento, performance dell’artista mentre demolisce parte della scritta, Collezione Rappa, Pantelleria, courtesy foto Enrico Hoffmann
Quali sono i progetti in corso e quali novità presenteranno?
Al momento sto lavorando a un progetto dal nome l’Arte della libertà, curato da Elisa Fulco e Antonio Leone, un workshop all’interno del Carcere Ucciardone di Palermo. Consiste nella creazione di una serie di opere sul tema della libertà, con lo scopo preciso di realizzare una mostra, dal titolo “Quello che rimane”, che si inaugurerà a fine febbraio negli spazi del Monte di Pietà di Palazzo Branciforte a Palermo. Per la prima volta ho lavorato in uno spazio totalmente sconosciuto e improbabile e con sconosciuti poi divenuti un unico corpo creativo, dirigendo un team formato da detenuti, operatori sociosanitari, museali e agenti polizia. Ci siamo incontrati diverse volte, a cadenza mensile per un anno. Sono sbalordita non tanto dai lavori che abbiamo realizzato, di cui prevedevo la forma finale, ma dalla partecipazione attiva, diciamo dal contenuto concettuale aggiunto da ognuno dei partecipanti. Uno dei lavori è costituito da leggere strisce di garza, cucite fra di loro che formano come enormi grate sulle quali spiccano delle frasi stampate con dei timbri dai partecipanti. I momenti più entusiasmanti sono le performances. Abbiamo realizzato degli stivali scriventi, in cui il tacco è costituito in parte da un gesso nero, così i partecipanti hanno percorso dei tragitti ben precisi su enormi teloni che in scala 1:1 rappresentano gli spazi del carcere, svelando l’abitudinarietà delle giornate, dei movimenti ect.. Abbiamo girato dei video e saranno proiettati sui teloni calpestati, una sorta di lavoro sul lavoro in cui si sovrappongono immagini e segni, da cui il titolo Quello che rimane, anche se concettualmente colui che rimane è la persona che resta in carcere, intrappolata fra le mura..
Tutte le difficoltà incontrate per l’introduzione di qualsiasi oggetto hanno solo stimolato la nostra volontà di superare gli ostacoli dati proprio dall’assenza di alcune cose fondamentali, ma il vero insegnamento è che con poco si possono fare grandi cose e che nessun muro può contenere la libertà.
Ho anche un progetto a San Paolo, una mostra personale per la quale porterò una nuova serie di tappeti, i mie Carpet, in cui brucio frasi di politici occidentali su tappeti orientali. Mi piace l’innesto della parola sul tappeto classico, mi piace bruciare queste frasi, un gesto anche provocatorio perché intervengo sul lavoro minuzioso di chi produce questo manufatto.
Il fuoco è sicuramente il mio mezzo preferito, dopo le fiamme tutto è irrevocabilmente mutato.
Sto anche lavorando alla mia prossima mostra nella galleria con cui lavoro, Francesco Pantaleone a Palermo per il prossimo autunno, sono una serie di lavori sull’impatto del mio corpo su diverse superfici, non posso aggiungere altro, tranne un lavoro che sto realizzando con dei bravissimi artigiani dell’imbottito, la ditta Egoitaliano ubicata a Matera, per un evento durante la Design week a Milano negli studi di Andrea Castrignano, e sono dei pannelli molto grandi di pelle, imbottiti, in cui si percepirà la forma dell’impatto del mio corpo su di essi. Un lavoro delicato e forte allo stesso tempo, una riflessione sulle divisioni, sull’impossibilità di andare oltre, sulle barriere fisiche e mentali.
2020, Quello che rimane, still da video, Palazzo Branciforte, Palermo, courtesy foto Georgia Palazzolo, courtesy l’Arte della Libertà
Cosa ne pensa dell'impegno sociale di un'artista?
Non penso che sia obbligatorio, molti miei colleghi fanno dei lavori prettamente formali o con ricerche lontane da qualsiasi impegno sociale e questo non toglie alcun valore alle loro opere.
Io credo solo che la ricerca di un artista contemporaneo debba riflettere il momento in cui si vive, cercando di non cadere nel fotogiornalismo o nel reportage. Questo tipo di ricerca ha però un prezzo alto, può diventare immediatamente datata, per la velocità dei cambiamenti del tessuto sociale politico e economico. Bisognerebbe lavorare sui grandi temi, ascoltando il proprio tempo, ovviamente bisogna sentirli, filtrarli col proprio intuito, restituirgli un aspetto formale personale.
2020, Quello che rimane, still da video, Palazzo Branciforte, Palermo, courtesy foto Georgia Palazzolo, courtesy l’Arte della Libertà
Che rapporto ha col mercato?
Non lo capisco, cioè non capisco il mercato, ci sono dentro ma non potrei dire di aver capito tanto o forse ho capito tutto ma non mi piace e quindi lo guardo con sospetto.
Come lo giudica?
Credo che il mercato dell’arte segua le regole dell’economia di qualsiasi prodotto, ahime’. Peccato che la gente non comprenda il potenziale reale e “altro” dell’arte, il valore etico, per questo non capisco dove perché e come va.
2019, Carpet#25, bruciature su tappeto orientale, 230x170cm, courtesy Sahrai e Francesco Pantaleone, Palermo/ Milano
Lei non sente il bisogno di uscire dalla Sicilia? Cosa le offre questa isola?
Non ci vivo da anni, ora vivo a Milano. Ogni mese mi reco in Sicilia, il legame con un’isola è inspiegabile, sei parte di un territorio, come se avessi della terra dentro e il mare sempre attorno.
Quindi la domanda è se non senta il bisogno di uscire dalla penisola. Si lo sento, vorrei poter lavorare anche all’estero, mi sembra che in Italia ce la siamo raccontata tra di noi e per troppo tempo, e ci sto riuscendo ma certo non grazie alle politiche di promozione dell’arte italiana da parte dei nostri governatori.
2019,Carpet#31, bruciature su tappeto orientale, 301x238 cm, courtesy Sahrai e Francesco Pantaleone, Palermo/ Milano
Il suo sogno nel cassetto?
Continuare la mia vita, un’artista libera fino alla morte.
2018, Gold Heel, sacco da boxe in ceramica, decollete oro e catene, per La vita materiale, Palazzo da Mosto, Reggio Emilia, courtesy Francesco Pantaleone, Palermo/ Milano
Quali sono gli artisti contemporanei che apprezza?
Berlinde de Bruyckere, sopra tutte e tutti, mi piace come trasforma i materiali, come li assembla, sento e vedo il corpo, è poetica e violenta al tempo stesso. Direi che quello che amo è quando forma e contenuto vivono in una simbiosi perfetta e lei ci riesce.
2018, tirapugni, argento, vetro, muro, per La vita materiale, Palazzo da Mosto, Reggio Emilia, Francesco Pantaleone, Palermo/ Milano
Calendario 2020-2021 degli eventi a cui parteciperà
Per quello che so ora sono questi, di cui ho anche parlato nell’intervista
28 Febbraio/ 29 marzo 2020, Quello che rimane, Palazzo Branciforte, Palermo
14 marzo 2020, Palazzi dell’Arte Rimini, Collezione Fondazione San Patrignano, Rimini
21/26 aprile 2020, Art & Design, Studio Andrea Castrignano, Milano
maggio/ giugno 2020, Fire Words, Houssein Jarouche Gallery, San Paolo, Brasile
Loredana Longo
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